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Merlot: il re ha un futuro

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Testi: Natalia Ferrino - Foto: Alain Intraina
Sua maestà permetterà di essere affiancato da altri vitigni? Un giro tra gli esperti in vigna e in cantina, nella ricerca e nella gastronomia.

Contrariamente al Ticino, ho faticato a trovare un Merlot in purezza in Italia e in Francia, fatta eccezione del Bordeaux (terra d’origine di questo vitigno), che però ha dei prezzi che lievitano come i panettoni» esordisce Mirko Rainer, sommelier e gerente del ristorante Atenaeo del vino di Mendrisio. Oggi, il Ticino è terra, o meglio, è il terroir del Merlot. Ma domani, i nostri vignaioli sapranno difendere il re della viticoltura ticinese nonostante l’innalzamento delle temperature, un consumo tutt’altro che esplosivo e un mercato sempre più globalizzato? E ancora: quale sarà il vino ticinese della prossima generazione?

Iniziamo la nostra raccolta di opinioni nel vigneto di un giovane viticoltore-vinificoatore emergente di Brissago, Fabio Zanini. Il 25enne, uscito da Changins, la scuola di competenza nazionale per la formazione superiore nel settore vitivinicolo, ha creato la sua azienda Giromit nel 2014. Papà, nonno e bisnonno coltivavano già la vigna quale attività secondaria, ma Fabio ha deciso di fare della sua passione la sua professione. 
 

L’esigenza della diversificazione

«Accanto ai vecchi ceppi di Merlot ereditati, ho piantato della Barbera perché ne apprezzo i sapori e perché i clienti richiedono, oltre alle attuali tre etichette basate sul Merlot, altri vitigni. È chiaro che il mio “cavallo di battaglia” rimane il Merlot. Ma così, in futuro, posso offrire una scelta di vini diversificata e ho la soddisfazione di produrre nuovi profumi, note e strutture».
Pure Enrico Trapletti, di Coldrerio, vinificatore affermato, non si concentra unicamente sul Merlot, perché, come ama dire, «avendo la passione per il terroir, mi piace guardare anche al potenziale del nostro territorio». E poi precisa: «Il nostro lavoro richiede una testa razionale e un cuore appassionato. In quest’ultimo ci metto anche un po’ di azzardo: 14 anni fa ho messo a dimora il Nebbiolo, che vinifico in purezza e in assemblaggio. Non un vitigno a caso, ma uno che nel Mendrisiotto veniva coltivato prima ancora del Merlot ed era chiamato “Spanna”. Insomma, la mia strada è quella della tradizione e della vicinanza del terroir». 

La ricerca verso la sostenibilità

A sostenere l’approccio del «non solo Merlot», ma per altri motivi, troviamo Mirto Ferretti, del centro di ricerche agronomiche Agroscope, di Cadenazzo. «Il Merlot rimarrà, anzi beneficerà del cambiamento climatico. Lo constatiamo, ad esempio, nel contenuto zuccherino sempre più alto: la media cantonale è aumentata di 6 °Oe in soli 12 anni. Ma il vino di domani deve rispondere anche a una produzione sempre più rispettosa dell’ambiente. E questo il Merlot non lo può fare! Per questo dobbiamo diversificare».

Uno scenario non condiviso dall’esperto di Merlot, Urs Mäder, di Ascona, al quale ricercatori svizzeri e europei nel frattempo hanno però trovato delle soluzioni concrete. «Sono state omologate una mezza dozzina di varietà resistenti alle malattie fungine, che permettono di ridurre drasticamente il numero di trattamenti – spiega Ferretti –. È, per restare nei rossi, i Divico individuato da Agroscope; frutto di un incrocio tra Gamaret e Bronner e presenta la capacità richiesta per produrre dei vini ricchi in colore e in tannini di buona qualità». Al ricercatore nasce quindi spontanea la domanda: perché non portare la viticoltura sostenibile in valle e concentrare il Merlot nel terroir a vocazione viticola? La Galotta, ad esempio, un’altro nuovo vitigno, ha convinto alla degustazione anche Fabio Zanini: «l’ho piantato perché mi sono piaciuti la struttura forte, il bel colore e i profumi di frutti di bosco e marmellata».

 

«Il Merlot bianco raggiunge il 22% del volume totale di vino ticinese » 

Andrea Conconi, direttore di Ticinowine

Oggi, il paesaggio vitivinicolo ticinese è per l’85% fatto di Merlot. «Lo sarà anche per la prossima generazione, non da ultimo per questioni commerciali perché è l’immagine che abbiamo oltre Gottardo – dice Andrea Conconi, direttore di Ticinowine –. Lo conferma anche il successo del Merlot bianco che oggi raggiunge il 22% del volume totale di vino ticinese». Gli fa eco Sylvia Berger, responsabile del settore vini di Coop: «Gli svizzeri tedeschi amano il Merlot ticinese e apprezzano, come specialità, l’uva vinificata in bianco. Anzi, quest’anno, grazie all’estate calda, abbiamo visto aumentare la vendita del bianco a scapito del rosso. Vedo comunque uno sviluppo favorevole per i Merlot vinificati secondo le tecniche moderne. Ma, anche i classici barricati, che seguono il modello Bordeaux, hanno ancora margine di manovra».

 

«Occorre poter offrire Merlot anche a prezzi accessibili» 

Daniele Maffei, direttore dell’azienda agraria cantonale di Mezzana

Così ammonisce il direttore dell’azienda agraria nonché giurato in diversi concorsi enologi nazionali e internazionali. «La Spagna – prosegue Maffei – è passata in dieci anni dalla fine del secolo scorso da un consumo di oltre 35 litri a poco più di 20 litri per persona. Ecco, non voglio arrivare lì con il Merlot. Il nostro Merlot deve poter fare parte del piacere regolare di tutti noi». Come dire, all’intenditore, come pure al degustatore con meno pretese, occorre poter offrire anche in futuro il Merlot appropriato. In ogni caso, il turista richiede il vino del luogo, vuole conoscere il suo paesaggio, come afferma Mirko Rainer, a contatto con gli ospiti del suo ristorante e wine-bar a Mendrisio. «Anche i clienti ticinesi cercano sempre più il Merlot, possibilmente in purezza. E sono proprio queste etichette che mi rendono orgoglioso. Perché l’arte di fare un monovitigno è più difficile. Merita quindi anche un giusto prezzo. I blend vengono forniti dall’estero, lasciamo farli a loro» conclude Rainer. Insomma, dietro al Merlot c’è una storia che parla di fatiche, conquiste e successi. Non la si stravolge in poco tempo. Lunga vita al re, quindi.