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Regione Vinicola del Ticino

Sorgente /
Roland Köhler
Il Ticino è la regione dei desideri. Il sogno del sud è onnipresente. Qui si celebra la leggerezza della vita. Ogni anno, migliaia di visitatori si godono la dolce vita delle mondane località sul lago o si godono la bellezza naturale, lontana dai luoghi rivieraschi, là dove i ronchi, i pendii terrazzati ricoperti di vitigni, avvolgono intere colline o troneggiano in alto sopra le valli. Sono questi contrasti ad emozionarci, ridestando in noi ogni primavera la voglia di un viaggio in Ticino. Chi dispone di più tempo rimane più a lungo, così da far propria l’essenza del panorama vitivinicolo e capire quindi perché il vino del Ticino sia così diversificato e capace di reinventarsi ogni volta. 

 

Il Ticino è suddiviso dall’imponente Monte Ceneri in due grandi regioni vinicole: il Sopraceneri a nord e il Sottoceneri a sud. Tali due sotto-regioni si distinguono tra loro per le condizioni del suolo e per il clima. Al Sopraceneri appartengono i distretti di Leventina/Valle di Blenio, il Bellinzonese con la capitale del Cantone Bellinzona, il Locarnese e la Vallemaggia. La più grande comunità vinicola del Ticino è tuttavia Mendrisio. In seguito alla fusione con le comunità montane del Monte San Giorgio Castel San Pietro ha perso qualche anno fa il suo primato. Nella maggior parte delle 135 comunità ticinesi crescono vigneti e questo avviene ad un’altitudine che va dai 220 ai 700 metri sul livello del mare. A parte le poche super ci pianeggianti, i vigneti del Ticino crescono tradizionalmente sui pendii terrazzati, detti «ronchi». Solo così è possibile sfruttare i terreni scoscesi, dato che circa un terzo dei vigneti ticinesi presenta una pendenza di oltre il 30%. La manutenzione dei ronchi costa parecchio ai viticoltori. L’automazione presenta qui dei limiti evidenti e la manodopera costa cara. I ronchi proteggono tuttavia i preziosi terreni coltivati a vite dall‘erosione, un problema serio, date le precipitazioni, talvolta anche molto forti, che colpiscono il Ticino. In questo «salotto soleggiato» possono cadere annualmente no a 1900 mm di precipitazioni piovose, un valore da record per la Svizzera. Un’altra minaccia per la viticoltura sono le tempeste di grandine che sopraggiungono durante la fase vegetativa. Tuttavia, le 2300 ore di sole annuali, il cielo (quasi) sempre sereno, i lunghi periodi asciutti e i miti mesi invernali contro- bilanciano le piogge torrenziali.

Varietà del terroir

A nord, nel Sopraceneri, ancora fortemente caratterizzato dai massicci alpini, predominano terreni piuttosto leggeri, sabbiosi, pietrosi e quindi molto permeabili, elemento impor- tante in una regione con precipitazioni di tipo violento. Granito e gneis abbondano e la parte calcarea del terreno è ridotta. Anche nelle valli montane i vigneti crescono su terreni poveri,  che però, proprio per questo, producono uve qualitativamente ancora migliori. Nel Sottoceneri, a sud, dove il paesaggio diventa più mediterraneo e dove i cipressi crescono tra i vigneti, i terreni sono molto più pesanti e fertili. Qui prevalgono i terreni calcarei e argillosi di media profondità e talvolta si trovano anche rocce di origine vulcanica e morene glaciali.

La punta più a sud

Nel Mendrisiotto, nell’angolo all’estremo sud del Ticino, si trova un terzo della superficie viticola ticinese. Il vigneto Montalbano a Stabio è il più grande del Ticino. È sorprendente osservare come la superficie viticola vada a formare un’onda morbida che si adagia proprio sulla cima della collina. Montalbano appartiene all’unica cooperativa, la Cantina Sociale di Mendrisio. L’uva vendemmiata viene consegnata alla Cantina sociale da oltre cento viticoltori. Questi coltivano le loro piccole parcelle con molta passione, per lo più come attività secondaria. Essi costituiscono parte integrante della complessa struttura dei vigneti ticinesi.

Nel luganese, ancor più che nel mendrisiotto, l’urbanizzazione ha chiesto il suo tributo. Molte super ci vinicole lasciano spazio a case e a ville che si spostano sempre più in alto sui pendii. Chi si reca alla Cantina Moncucchetto si imbatte in diversi cantieri (edili). Eppure poco lontano dal centro urbano, a Malcantone o nelle Tre Valli, molti ronchi in disuso e invasi dai rovi sono stati ripristinati e coltivati nuovamente a vite. Sergio Monti della Cantina Monti è uno di quei visionari che nella seconda metà della propria vita hanno optato per un nuovo mondo, guidati dall’amore per la vite e dalla passione per i vini eccellenti.

Nel Bellinzonese, intorno ai poderosi castelli, crescono vigneti che creano un vivace contesto verdeggiante fra le diverse pietre accuratamente dislocate. Testimoni di tempi più recenti sono le torri di guardia rotonde fatte costruire dal Generale svizzero Dufour nel 1854 a sud di Bellinzona. Ne furono costruiti 36 esemplari da parte di 500 lavoratori poveri per potersi assicurare un po’ di pane. Per questo sono state soprannominate dal popolo «Fortini del Fame», torri della fame. Cinque di esse si possono ancora visitare. Ai loro piedi si trovano talvolta piccole parcelle di vigneti. Ma anche qui si è costituita un struttura di tipo sociale e quindi nel 1929 è stata fondata la Cantina Sociale di Giubiasco. Nel 1980 è stata venduta e trasformata in società per azioni. Oggi la Cagi – Cantina Giubiasco SA lavora le uve di 500 viticoltori. La cantina si interessa, fa consulenza e motiva i produttori di uva in modo esemplare, proteggendo in tal modo il panorama culturale, perché le piccole parcelle sui pendii delle montagne sono anch’esse terreni edificabili ambiti. Bisogna dunque essere molto idealisti per continuare a coltivare la vite. La resa rispetto alla viticoltura in pianura è bassa e i costi per un chilo di uva sono superiori di circa il 50%.

«I vigneti sono raccolti in pergolati e sono tenuti sospesi da una rete di alti pali di granito», scrive nel XVIII secolo il naturalista svizzero Horace-Bénédict de Saussure nelle sue osservazioni nel Locarnese. Qui la coltura della vite ticinese è estremamente eterogenea. Grazie al clima mite la viticoltura è possibile no a un’altitudine di 700metri. Sopra ad Ascona c’è il famoso Monte Verità.

Nel 1900 esisteva qui una delle prime comunità che avevano adottato modelli di vita alternativi, ragion per cui il Monte Verità di- venne in seguito noto come colonia degli arti- sti. Nelle Tre Valli la viticoltura ticinese diventa ancora più alpina e spettacolare. I terreni granitici e di gneis producono vini che dispongono di un potenziale di maturazione ancora maggiore. Qui troviamo le più grandi vigne a pergola. Esse sono realizzate in modo che la copertura fogliare catturi la maggior luce possibile per la fotosintesi e per l’accumulo di sostanze zuccherine negli acini, prima che il sole sparisca dietro la montagna. Le massicce pareti rocciose accumulano il calore diurno, così da creare un microclima gradevole nelle notti fresche.

Il Merlot in Ticino

Tutta questa realtà variegata dà origine ad una varietà: il Merlot. La storia del Merlot in Ticino non ha radici così lontane nel tempo, sebbene si possa essere indotti a pensare altri- menti, tenuto conto della supremazia conferitagli dall’occupazione dei 4/5 della superficie viticola ticinese e, precisamente: 878 (l’80%) dei 1097 ettari totali. Nel 1876, quasi 7500 ettari in Ticino erano ancora occupati dalla coltura della vite, che bastava principalmente a soddisfare il fabbisogno locale. In questi vigneti non si trovava però neanche una pianta di Merlot, bensì varietà autoctone, dette «le vigne nostrane», che crescevano rampicanti sulle pergole. Si narra che, su queste pergole, un gatto potesse camminare da Locarno no a Giornico senza mai poggiare una zampa per terra. Alla ne del XIX secolo la viticoltura ticinese fu scossa da una crisi esistenziale.

La peronospora e l’oidio, ovvero malattie parassitarie provenienti dall’America, arrecarono presto gravi danni, seguiti dalla fillossera della vite. La superficie viticola si ridusse vertiginosamente e la produzione del vino crollò. Intorno al 1900, il governo cantonale adottò delle misure correttive, istituendo una cattedra itinerante per l’agronomo trentenne Alderige Fantuzzi. Questi insegnò ai viticoltori, testando diverse varietà di uva e arrivando alla conclusione che il Merlot si adattasse perfettamente al Ticino. Vennero così introdotti i primi vitigni di Merlot e nel 1906 ebbe luogo la prima vendemmia. Dovette trascorrere an- cora quasi mezzo secolo prima che il Merlot arrivasse ad affermarsi definitivamente. Fino al 1950, le varietà di Nostrano, soprattutto la Bondola, erano molto più di use del Merlot. Dapprima fu necessario che i viticoltori imparassero a vinificare il Merlot e i clienti ad apprezzarlo. Negli anni ’60 il Merlot «Selezione d’ottobre» della casa Matasci riuscì nell’impresa eroica di far conoscere ed apprezzare il Merlot del Ticino a nord delle Alpi. Spianandogli in tal modo la strada verso l’attuale successo.

A metà degli anni ‘80 la viticoltura ticinese scrisse un nuovo capitolo. I primi viticoltori autonomi, tra i quali alcuni principianti dalla Svizzera tedesca, fecero la loro personale scoperta del Ticino. Il caldo föhn da nord so ava energicamente attraverso il paesaggio degli idilliaci vigneti ticinesi, diventato forse anche un po’ monotono. Le novità arrivarono una dopo l’altra: le altre varietà di vini di Bordeaux, il lavoro con la barrique, la coltura all’epoca ancora clandestina di varietà bianche e nuovissime idee - perché non scrivere la località quale denominazione d’origine sull’etichetta? Chi produce soltanto 5000 bottiglie lavora diversamente da un’azienda che ne riempie milioni e deve commercializzarle. Eppure gli individualisti hanno portato nuovi impulsi al Ticino, e oggi è ancora così. 

 

 

 

Ticino

Vigneti

1/3 dei vigneti ticinesi presenta una pendenza di oltre il 30% pendii ripidi

3’000 Produttori di uva

188 coltivano oltre un ettaro

15 Aziende commerciali vinicole

61 viticoltori autonomi producono ciascuno oltre 5000 bottiglie all’anno

 

Varietà di Uva

91% varietà di rosso

80% Merlot

20-25% delle uve da Merlot viene vinificato come Bianco e venduto come Bianco di Merlot

9% varietà di Bianco

9% varietà di Bianco di cui 21% Chardonnay